Migrare
Da quando siamo scesi dagli alberi delle pianure africane e ci siamo messi a camminare su due “zampe”, non abbiamo più smesso di spostarci in giro per il mondo.
La storia dell’evoluzione del genere umano, è una storia di migrazioni, di spostamenti, di mescolanze e contaminazioni. Ed è stata la nostra vera ricchezza, sia dal punto di vista genetico che culturale.
Detto questo, è lungi da parte mia tirare in causa l’elemento naturale per sostenere le ragioni delle persone che decidono di allontanarsi dal loro luogo natio, mi limito ad arrendermi di fronte ad una semplice evidenza.
Da chat gbt:
Le ragioni per cui le persone migrano possono essere molteplici e complesse, e variano da individuo a individuo. Tuttavia, ci sono alcune ragioni comuni che spingono le persone a migrare:
- Migrazione economica: Molte persone lasciano il proprio paese d’origine in cerca di opportunità economiche migliori. Questo può includere la ricerca di lavoro più remunerativo, un miglior tenore di vita, o la fuga dalla povertà.
- Migrazione per istruzione: Gli individui spesso si spostano in cerca di migliori opportunità di istruzione. Questo può includere studenti che cercano istruzione superiore all’estero o genitori che cercano un’educazione migliore per i propri figli.
- Migrazione per motivi familiari: Le persone possono migrare per riunirsi con membri della famiglia o per sposare un cittadino di un altro paese. Questi movimenti sono spesso guidati da legami familiari e affettivi.
- Migrazione per motivi politici o di sicurezza: Alcune persone fuggono da conflitti armati, persecuzioni politiche o violenze nel proprio paese d’origine. Questi individui cercano rifugio in altri paesi per mettersi al sicuro.
- Migrazione climatica: I cambiamenti climatici possono rendere alcune aree del mondo meno abitabili a causa di eventi estremi, come inondazioni o siccità. Questo può portare alla migrazione delle persone verso luoghi più sicuri.
- Migrazione per motivi culturali o religiosi: Alcune persone possono migrare per motivi legati alla loro cultura o religione, cercando di vivere in un ambiente più in sintonia con le proprie credenze e pratiche.
- Migrazione per opportunità professionali: Gli individui altamente qualificati o specializzati possono essere attratti da opportunità di lavoro specifiche all’estero, spesso in settori in cui sono richieste competenze particolari.
- Migrazione per migliorare la qualità della vita: La ricerca di una migliore qualità della vita può includere elementi come l’accesso a servizi sanitari di alta qualità, un ambiente più pulito o un sistema di istruzione migliore.
- Migrazione per ragioni avventurose o culturali: Alcune persone scelgono di migrare per sperimentare nuove culture, avventure o stili di vita diversi.
- Migrazione forzata: Questa categoria comprende persone costrette a migrare a causa di situazioni di emergenza, come disastri naturali, guerre, conflitti o persecuzioni. In questi casi, la migrazione è spesso l’unica opzione per la sopravvivenza.
Le ragioni della migrazione possono variare notevolmente da persona a persona e da gruppo a gruppo, e spesso ci sono sovrapposizioni tra queste categorie. Inoltre, è importante notare che la migrazione può essere sia interna (all’interno di un paese) che internazionale (tra paesi diversi), e le politiche di immigrazione di un paese possono influenzare chi è in grado di migrare e per quali motivi.
A capire le ragioni di chi si sposta, ci arriva pure l’intelligenza artificiale riassumendoli in 10 punti molto semplici e chiari. Eppure molte persone no. Ma pensate solo per un momento se a voi qualcuno impedisse di spostarvi, di andare dove vi fa più piacere, oppure dove pensate di poter stare meglio, di avere una vita migliore. Non lo trovereste assurdo, non vi sentireste vittime di una grave ingiustizia?
Non siamo stati per 14 miliardi di anni, tra circa 4 miliardi di anni il nostro sole si trasformerà in una nana rossa distruggendo ogni possibilità di vita. Viviamo in un granellino di roccia perso in una porzione di universo sconosciuto, freddo ed inospitale. E ancora ci ammazziamo gli uni con gli altri per futili motivi.
L’essere umano si sposta per curiosità, per spirito di avventura, per amore, per noia o per necessità.
È un processo, non un problema, come problema è una invenzione dei politicanti per racimolare voti, per ottenere facile consenso e tradisce solo il vuoto di pensiero, la mancanza di idee e di progetti, migrare fa parte della vita umana, è come la morte, inevitabile!
Chi ha il diritto supremo di sindacare sulle motivazioni che spingono una donna o un uomo a migrare?
Chi ha il diritto di impedire ad un uomo o una donna di spostarsi?
Secondo me: nessuno!
Nessuno se non una persona sterile di animo, che ha perso totalmente il contatto con il reale della vita, una persona stitica di sentimenti e di pensieri, che impone con egoistica forza la sua volontà cieca e meschina.
Io ho deciso di migrare per necessità, sono un migrante economico, come si dice ora, come se la motivazione che spinge a spostarsi abbia il potere taumaturgico di concedere più o meno legittimità al migrante. Per quale misterioso motivo una persona che si sposta dal proprio paese natio per trovare una condizione di vita migliore in un altro posto del mondo viene considerato “illegale”, mi appare del tutto aberrante ed immotivato.
Prima di iniziare la professione di orafo e anche mentre ero occupato a realizzare gioielli nel mio laboratorio, ho fatto tanti lavori diversi: ho montato ostacoli per concorsi ippici, ho smantellato sale cinematografiche, ho fatto l’imbianchino, contato macchine per statistiche aziendali, ho fatto il dog sitter, ho dato ripetizioni di disegno, realizzato plastici e disegni tecnici per tesi di laurea di architettura, ma il primo lavoro in assoluto e quello che mi sono portato dietro per tutta la vita fino ad un momento fa, è il cameriere.
Mio padre, di origini contadine, ha avuto a lungo in gestione un bar all’interno di un albergo a Roma. Ricordo quanto mi piacesse da piccolo gironzolare attraverso gli spazi più reconditi dell’albergo, aggirami nelle sale di lavoro, nelle cucine, aveva un che di misterioso e alle volte, nelle aree di servizio mi capitava aiutare il personale, mi piaceva rendermi utile e in particolare asciugare e riordinare le posate.
Nel tempo poi ho avuto modo di lavorare per molti catering, sviluppando un’esperienza a tutto tondo nell’ambito dell’organizzazione di ricevimenti, dal pranzo aziendale, al matrimonio, passando per l’evento istituzionale, posso dire di avere accumulato materiale per scrivere un romanzo.
La mia vocazione però era di tutt’altro genere, ho da sempre dimostrato una certa predisposizione per il disegno e crescendo l’interesse verso l’arte si è ramificato nelle forme più varie.
Ad un certo punto ho pensato che da grande avrei fatto l’architetto ma quando ho incontrato sulla mia strada il mestiere di orafo, tutto è cambiato, mi è apparsa come la strada che meglio racchiudeva tutti i miei interessi. Esprimere il proprio estro creando gioielli unici, soddisfare insieme il pensiero e la manualità.
Sotto questa ottica, non avrei mai pensato di lavorare in una fabbrica dove la manualità è al completo servizio della realizzazione di oggetti seriali, di grande qualità devo dire, ma pur sempre gioielli seriali concepiti per essere distribuiti in tutto il mondo il cui maggior valore consiste nella forza evocativa del “brand”.
Non mi ha mai affascinato la grande firma, per cui veramente mai e poi mai ho pensato che potessi lavorare proprio in fabbrica, non ci avevo mai pensato fino a ché mi è stato proposto un contratto a tempo indeterminato presso una azienda di Valenza.
Un contratto a tempo indeterminato! Un contratto a tempo indeterminato a 56 anni!
Fino ad ora, nessuno, e dico nessuno, mi ha mai proposto uno straccio di contratto, mai, in nessuno dei campi nei quali mi sono trovato a lavorare ed in particolare penso possa ritenersi abbastanza scandaloso come nell’ambito del catering con il quale ho avuto a che fare per trent’anni, parallelamente al mestiere da orafo, lavorando all’interno di luoghi istituzionali, passando da caserme della guardia di finanza, al Senato, alla Camera della Repubblica, a sedi della presidenza del consiglio, in vaticano, in strutture alberghiere di una certa rilevanza, ville private (alle volte location considerate esclusive) ristoranti noti; la retribuzione è sempre stata pagata in forme irregolari, sempre! Sempre senza uno straccio di contratto.
Senza parlare poi dello stato, diciamo così: “inadeguato”, in cui ho spesso trovato gli spazi di servizio, cucine del tutto improvvisate e sprovviste delle più elementari norme di sicurezza e igiene, oppure spogliatoi improbabili in cui ci si doveva cambiare qualsiasi siano state le condizioni climatiche.
Perché ho lasciato Roma? La mia città natale, una delle città più belle del mondo per venire a vivere a Valenza che è grande quanto un suo quartiere?
Per dignità!
Per garantirmi la sopravvivenza!
Perché qui ho trovato la possibilità di avere le risorse necessarie per vivere.
Perché qui la mia manualità è stata riconosciuta, e malgrado venga da esperienze di tutt’altro genere mi è stata concessa fiducia e un contratto con tutti i crismi.
Certo, sono impegnato a lavorare tutti i sacrosanti giorni della settimana, le mie aspirazioni artistiche sono messe necessariamente da parte, non sono più libero di organizzarmi il tempo come meglio credo (c’è da chiedersi se in effetti ne sono mai stato padrone) ma ho la certezza di uno stipendio mensile e di tutte le tutele sindacali, vi sembrerà poco, per chi come me non ha mai avuto questo tipo di garanzia, vi assicuro che non è per nulla poco! Certo costa tanta fatica allontanarsi dagli affetti più cari, ed io non ho cambiato nazione, non ho dovuto cambiare lingua, usi e costumi. Pensate a chi cambia invece anche di continente ed è costretto ad affrontare dei viaggi pericolosissimi, ostacolato in tutti i modi possibili da altri essere umani che vivono in paesi ricchi, pensateci solo per un momento, non trovate sia crudele?
Io mi sono dovuto solo adattare ad un nuovo modo di lavorare, non è stato facile e non lo è tutt’ora, mi ci vorrà ancora del tempo, non è facile ricominciare da capo, non lo è per nessuno ma devo dire di aver trovato un clima accogliente e persone con una grande preparazione, dei professionisti.
Il campo della metallurgia orafa è così talmente vasto che a tutti gli effetti non si finisce mai di imparare, qui non potrò che continuare ad apprendere e crescere ulteriormente.
E tutto questo grazie a quei brand di cui non ho mai subito il fascino.
I paradossi della vita!
Ma aldilà di queste considerazioni, quale differenza sussiste tra me e un’altra qualsiasi persona che si sposta da un’altra parte del mondo?
Il passaporto? I documenti? Il colore della pelle? La differente cultura? Avere o non avere già un contratto di lavoro? Per questo hanno forse meno diritti di me?
Non vi sembra senza senso?
Non vi sembra che tutti gli esseri umani debbano avere gli stessi diritti?
A me appare del tutto evidente che si, tutti gli esseri umani hanno gli stessi diritti, senza alcuna forma di distinzione se non che nel rispetto reciproco delle proprie differenze culturali, che sono la vera ricchezza del genere umano, le differenze dico, sono le differenze che ci rendono liberi, che ci aprono nuovi orizzonti a nuove possibili scoperte.
P.S.
Mentre cercavo di mettere insieme questi pensieri, mio padre è morto.
A gennaio del 2024 avrebbe compiuto 93 anni.
In questi ultimi anni, ogni volta che lo aiutavo a prepararsi per la notte, gli leggevo negli occhi lo stupore del suo tempo oramai passato, gli leggevo negli occhi la consapevolezza che ogni momento poteva essere il suo momento di andarsene. Fronte sulla fronte, ci salutavamo così.
Buona notte papà.
bello, intenso. genera molta empatia e ragionamento la parte tua personale, il tuo spostamento come emblema di uno dei tanti motivi del migrare. con le sue difficoltà e le sue scoperte. quanto alla parte sulla migrazione in sé, non posso che condividere le critiche a chi la legge senza gli occhiali giusti. ma bisognerà prepararsi ad un tema, che condisce la percezione del “problema” (che come dici tu non sarebbe un problema, ma rischia di diventarlo). 1. siamo tanti. troppi. 8 miliardi, con previsione di abbondante crescita, sono un problema. non sono solo le nostre menti, la mancanza di empatia, l’incapacità di abbracciare la diversità di motivi, di razza e di culture a stimolare reazioni stizzite. ma è tutto un sistema di vita (equilibrio di risorse, piani urbanistici, etc), che verrà messo sempre più a dura prova. E siccome queste considerazioni, di per sé non serviranno né a dare soluzioni né a “giustificare” scelte conservative (e controproducenti), prepariamoci a una lotta culturale faticosa, in cui non basta definire “buoni” e “cattivi”.
Racconto intenso.
Un pò sembra animato dalla necessità di spiegare, quasi di giustificare una scelta. Sinceramente non credo sia necessario, migrare/cambiare/rinnovare sono l’essenza della nostra vita.
Ognuno è animato da desideri, ambizioni, speranze che si scontrano con una realtà che ci mette alla prova. Saper cambiare dimostra la capacità di adattarsi e di adattare i propri obiettivi a realtà nuove che possono essere alla fine, più gratificanti. Soprattutto significa non adagiarsi, sapersi reinventare. E questa ritengo sia una qualità che hanno in pochi e che viene spesso denigrata da chi ne è sprovvisto e cela la sua invidia nell’adesione al conformismo, molte volte per sentirsi parte di qualcosa. Chi gestisce sé stesso riesce a vedere più avanti e può sempre dire “ho scelto”, “l’ho fatto” (o almeno ho tentato). Un grande educatore del passato Lord Baden-Powell, riassumeva così questa qualità e questa capacità di gestire la propria vita: guida la tua canoa!
La nostra è una strana generazione, sempre sul crinale del fallimento pur di conservare una idea impossibile di libertà in testa. Senza rivolte, senza sfrontatezza, senza rabbia. Alla fine preferisce migrare, confondersi, trovarsi straniero con una certa soddisfazione. Perché essere stranieri nella propra terra è molto peggio. Ma forse questa è solo la mia storia. Quanto, e mi dico quanto mi è mancato il mio amico.
Arrivederci.
E arrivederci Primo.