La formazione di un artigiano orafo
Come si diventa orafi e quanto tempo occorre per avere una formazione professionale?
Argomento molto interessante, di grande complessità che investe sfere sociali diverse.
“Come diventare artigiano orafo?
Per diventare orafi occorre frequentare un corso o una scuola specializzata. Al termine della formazione è comunque necessario un periodo di affiancamento, magari sotto forma di apprendistato presso laboratori orafi artigianali, per potere seguire tutte le fasi della realizzazione dei gioielli.”
Questo è quello che appare nella prima pagina di google alla ricerca: formazione artigiano orafo.
Per evitare di andare troppo indietro nel tempo, possiamo dire che il clima culturale del basso medioevo portò alla nascita delle botteghe rinascimentali, attraverso le quali l’arte italiana è conosciuta in tutto il mondo.
Non ci sono dubbi, l’organizzazione del lavoro della bottega del rinascimento rappresenta la modalità più efficace per la formazione del lavoratore d’arte. Non può che essere il modello ideale di riferimento.
In tempi più recenti, la trasmissione del sapere artigianale è avvenuto all’interno del più ristretto mondo familiare.
Non essendo ovviamente un uomo del rinascimento e non appartenendo ad una famiglia di artigiani, provenendo bensì da una classe sociale di contadini, la mia formazione di artigiano orafo è stata molto differente da quella di Benvenuto Cellini o dei figli di Pio Castellani, anche se in effetti, alcuni punti fondamentali posso rintracciarli nel mio percorso. Tracce che dovrebbero appartenere a tutti gli artigiani orafi.
Fin da molto giovane dimostravo interesse per il disegno e per le attività manuali. Interessi che ho potuto coltivare seguendo studi artistici e rafforzare poi seguendo l’indirizzo universitario di architettura.
Per una serie di motivi personali non giunsi mai alla laurea, ma certamente aver approfondito lo studio del disegno tecnico della geometria descrittiva, la storia dell’arte e la pratica alla progettazione, ha rappresentato e costituisce tutt’ora una base molto importante della mia formazione.
Lo studio attraverso il disegno, esattamente come per i nostri prestigiosi antenati rinascimentali, sono strumenti essenziali al fine dell’acquisizione di quelle abilità manuali necessarie al lavoro artigianale.
Il mondo dell’oreficeria è vastissimo, le conoscenze da acquisire sono innumerevoli, per farle proprie è necessaria una pratica quotidiana, la ripetizione infinita di gesti che ad un certo punto sembreranno automatici ma al contrario saranno sempre il frutto di uno scambio continuo tra le meni ed il nostro cervello. È per questo che la massima efficacia nella trasmissione del sapere artigianale si è raggiunta attraverso le botteghe del nostro rinascimento.
Senza voler essere anacronistici o apparire romantici, la nostra politica dovrebbe fare di tutto per riprodurre e regolare quel tipo di organizzazione.
Se vogliamo conservare, quella che mi appare come una componente importantissima del nostro essere umani, la capacità manuale colta e raffinata di trasformare la materia, è assolutamente necessario avere ben in mente quel modello.
Oggi, quindi, come si diventa orafi?
Non lo si diventa.
Lo dice anche Google che dopo aver frequentato un corso o una scuola specializzata è necessario un periodo di affiancamento presso un laboratorio vero e proprio, ma al momento attuale fare apprendistato legale è praticamente impossibile, non ci sono le condizioni legislative che possano permettere questo tipo di rapporto.
Tutto è lasciato al caso, alla fortuna di incontrare un valido artigiano disposto a rischiare e spendere del tempo, si continua a vendere l’illusione di acquisire una professione in sei mesi, professione che non basta una vita!
Chi ha il fuoco della passione, chi subirà il fascino dei martelli, delle lime, di quel tassello di legno sul banchetto da lavoro di una semplicità tecnologica che non ha eguali, strumento essenziale per ogni artigiano orafo, chi ha il fuoco della passione dunque, non si arrenderà certo di fronte alla inettitudine della nostra classe dirigente.
Non si fermerà di fronte agli ostacoli che troverà disseminati lungo il suo percorso da una burocrazia insensata. Non si fermerà, cercherà e troverà senz’altro qualche artigiano anarchico che sarà disposto a trasmettergli le sue conoscenze.
Farà il cameriere o altri mille strani lavori per acquistare le sue pinze, il suo archetto per il traforo.
Non si fermerà, sperimenterà da autodidatta, sfrutterà quello che c’è di buono nell’oceano internet, compenserà le lacune tecniche con lo studio della storia dell’arte per dare senso alle forme che andrà realizzando.
Ogni scoperta dei segreti che celano i metalli rappresenterà una sublime conquista che rende felici. Ogni realizzazione sarà come una trasmutazione alchemica che renderà consapevoli del proprio “animus”. Non si fermerà e si troverà a guardare oltre l’orizzonte sulle spalle di quei nostri giganti del passato.
Non avrà vissuto quel clima culturale che formò Leonardo, Michelangelo o Raffaello, ma ne sarà comunque erede.
“Come deve sembrare strana ai miei lettori la speranza nel piacere che si ricava dal lavoro! Eppure, ogni essere vivente ricava un piacere dall’esercizio delle proprie energie. Le sue mani sono guidate dalla memoria e dall’immaginazione, ma anche dai pensieri degli uomini delle epoche passate, ed egli crea in quanto è parte del genere umano.
Se lavoreremo così, saremo uomini e i nostri giorni saranno felici. Ogni altro lavoro è privo di valore; è un lavoro da schiavi. Nient’altro che fatica per vivere e vivere per faticare.” William Morris (1834-1896)